La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene

Non si vive di solo pane, è vero; ci vuole anche il companatico, e l’arte di renderlo più economico, più sapido, più sano, lo dico e lo sostengo, è vera arte. Riabilitiamo il senso del gusto e non vergogniamoci di soddisfarlo onestamente, ma il meglio che si può, come ella (Artusi) ce ne dà i precetti.
(Olindo Guerrini, 1896)

La prima edizione del libro (1891)

La prima edizione del libro (1891)

Con le sue 790 ricette, raccolte dall’autore con paziente passione nel giro dei lunghi anni e innumerevoli viaggi, “l’Artusi” è il libro più famoso e letto sulla cucina italiana, quello da cui tutti i grandi cuochi dell’ultimo secolo hanno tratto ispirazioni e suggerimenti.

È un’opera singolare che esalta il piacere del mangiar bene; più che un ricettario è un libro di gusto, ricco di dissertazioni, di spunti linguistici in una prosa limpida che ricorda la cordialità del discorso conviviale.

La Biblioteca Comunale Pellegrino Artusi di Forlimpopoli conserva, su supporti cartacei e/o digitali, le 15 edizioni curate direttamente dall’autore dal 1891 al 1911, anno della morte, oltre a numerose traduzioni del libro in altre lingue.

Per informazioni rivolgersi a biblioteca@comune.forlimpopoli.fc.it.

Hanno scritto del libro

“Dammi l’Artusi”. “Cercalo nell’Artusi”. “Cosa Dice l’Artusi?”. L’opera dell’Artusi è un’ autorità e un classico… È un libro unico, un capolavoro, apparso inspiegabilmente nella maturità di una vita dedita ad altri scopi, illuminato da un’ispirazione che pare quasi come grazia divina, come “Pinocchio” di Collodi.
(Giuseppe Prezzolini, 1958)

Un ricettario è utile perché detta la cucina a chi la ignora, e perché rieduca chi ne ha dimenticato o ridotto l’esercizio. I documenti del passato servono oggi ad arricchire il presente, integrandolo con l’esempio, e, risvegliando la memoria, trasformano il modo non solo di fare, ma di immaginare il cibo
(Alberto Capatti, la Scienza, BUR 2010)

La raccolta di ricette di Pellegrino Artusi, conosciuta col titolo di “Scienza in cucina” e stampata nel 1891, non è solo il frutto degli ozi di un ricco borghese romagnolo e fiorentino, ma un opera di impegno civile: istruire cuoche e cuochi nella lingua italiana, far loro conoscere il patrimonio di molte regioni italiane, dalla Sicilia al Piemonte, stimolare una attenzione patriottica al cibo contro l’imperante francofilia.
(Alberto Capatti, 2010)

Non affrettiamoci a “rivisitarlo”, deprecabile esercizio che solitamente nasconde l’incapacità di confrontarsi con la personalità altrui. Proviamo a prenderlo alla lettera, scopriremo che, in molti casi, funziona ancora.
(Massimo Montanari, 2010)

È al livello del lessico e della sintassi che meglio si può cogliere la ricchezza, la vivacità, la naturalezza del linguaggio di Artusi: pronto a recepire il patrimonio vivo della sua città di elezione con orecchio attento e partecipe, ma anche a conoscere la profondità della lingua grazie allo studio della tradizione letteraria.
(Giovanna Frosini, Accademia della Crusca, 2009)

…Il libro rosso accoglie benevolmente il piccolo libro che ha il mite pallore delle fiammelle a gas e tutti e due si affiancano, buoni e contenti come il padre col suo pargolo, come il maestro col suo scolaro affezionato. Poiché maestro, e paterno e buono, nonché artista e grande signore, fu l’autore del libro rosso: Pellegrino Artusi, di Forlimpopoli.
(Grazia Deledda, 1933)

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