Premio Artusi 2014 a Enzo Bianchi

Il mondo del cibo è sempre più contrassegnato dalla sovra-esposizione di pentole e cuochi-celebrità più intenti all’immagine che alla sostanza del piatto? La città artusiana, attenta alla cultura del cibo, manda ancora una volta un messaggio in controtendenza e assegna il Premio Artusi 2014 a un personaggio che più lontano dai riflettori non si può: Padre Enzo Bianchi. Al fondatore della comunità di Bose che ha fatto del lavoro della terra e della commensalità gli habitat della sua riflessione quotidiana, sarà assegnato questo prestigioso riconoscimento consegnato a coloro che si distinguono per l’originale contributo dato alla riflessione sui rapporti fra l’uomo e il cibo.

Come sottolinea la motivazione del Premio, in Padre Bianchi “la cultura del cibo ha trovato un interprete nella duplice prospettiva del rispetto per il lavoro che l’uomo impiega a procurarlo e prepararlo, nonché della commensalità e della condivisione come dimensione specifica del gesto alimentare. Tali valori, propri anche del messaggio artusiano, sono importanti da sottolineare in un momento in cui il tema del cibo sembra talora imboccare la deriva dello star-system e dello spettacolo fine a se stesso”.

Il Premio è stato consegnato a Enzo Bianchi sabato 11 ottobre nella Chiesa dei servi di Casa Artusi.

Chi è Enzo Bianchi.
Enzo Bianchi, nato nel 1943 a Castel Boglione  in Monferrato, dopo gli studi alla Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Torino, alla fine del 1965 si reca a Bose, una frazione abbandonata del Comune di Magnano sulla Serra di Ivrea, con l’intenzione di dare inizio a una comunità monastica. Raggiunto nel 1968 dai primi fratelli e sorelle, scrive la regola della comunità monastica ecumenica, di cui è a tutt’oggi Priore. La comunità  conta un’ottantina di membri tra fratelli e sorelle di cinque diverse nazionalità ed è presente, oltre che a Bose, anche a Gerusalemme (Israele), Ostuni (BR), Assisi (PG) Cellole-San Gimignano (SI) e Civitella san Paolo (Roma).

Nel 1983  fonda la casa editrice Edizioni Qiqujon che pubblica testi di spiritualità biblica, patristica, liturgica e monastica. Nel 2000 l’Università degli Studi di Torino gli conferisce la laurea honoris causa in “Scienze Politiche”. Membro del Consiglio del Comitato cattolico per la collaborazione culturale con le Chiese ortodosse e orientali del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, Padre Bianchi ha fatto parte della delegazione nominata e inviata da papa Giovanni Paolo II a Mosca nell’agosto 2004 per offrire in dono al patriarca Aleksij II l’icona della Madre di Dio di Kazàn. Ha partecipato come “esperto” nominato da papa Benedetto XVI ai Sinodi dei vescovi sulla Parola di Dio (ottobre 2008) e sulla Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana (ottobre 2012). Nel 2009  riceve il “Premio Cesare Pavese” e il “Premio Cesare Angelini” per il libro Il Pane di ieri. Opinionista e recensore per i quotidiani La Stampa, La Repubblica e Avvenire. Per il suo settantesimo compleanno è uscito “La sapienza del cuore” (Einaudi), un volume collettivo con interventi in suo onore di  intellettuali, artisti, politici ed ecclesiastici. Dal 2014 è cittadino onorario della Val d’Aosta.

La Città di Forlimpopoli, su indicazione del Comitato Scientifico di Casa Artusi, ha deciso di conferire il Premio Artusi 2014 a Enzo Bianchi perché, fondatore e priore della comunità monastica di Bose, si è segnalato come personaggio di spicco della cultura italiana, non solamente in ambito religioso ma nel dialogo continuo con la società laica e i suoi valori di democrazia, tolleranza, ospitalità. Testimone della spiritualità cristiana in uno spirito di riflessione critica e di servizio alla comunità, ha contribuito a valorizzare l’attenzione alle piccole cose della vita quotidiana, in apparenza umili ma potenzialmente cariche di straordinari valori (la pazienza, la capacità di attesa, il rispetto delle regole) che fanno anche parte della più autentica tradizione contadina. La cultura del cibo, in particolare, ha trovato in lui un interprete nella duplice prospettiva del rispetto per il lavoro che l’uomo impiega a procurarlo e prepararlo, nonché della commensalità e della condivisione come dimensione specifica del gesto alimentare. Tali valori, propri anche del messaggio artusiano, sono importanti da sottolineare in un momento in cui il tema del cibo sembra talora imboccare la deriva dello star-system e dello spettacolo fine a se stesso.

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